Inscrivere l’istinto di morte

di Marisa Fiumanò
20 Maggio 2017

Relazione pronunciata in occasione della Giornata dell’ALI in Italia dedicata al seminario di J. Lacan: L’Io nella teoria di Freud e nella tecnica della psicoanalisi che si è tenuta nella sede dell’ ALDN di Napoli il 20 Maggio 2017

Inscrivere l’istinto di morte [1]

Al di là del principio di piacere è un testo che Lacan propone nel seminario II (L’io nella teoria di Freud e nella tecnica della psicoanalisi) ma che riprenderà molte volte nei seminari successivi. Il commento di questo saggio ritorna nell’arco di tutto il suo insegnamento. in più modi e a proposito di concetti e questioni diverse. Questa volta Lacan, fin dalla seconda lezione, ne assegna la lettura a Pontalis e poi, nella lezione del 15 Dicembre 1954, consiglia ai suoi allievi di leggerlo durante le tre settimane delle vacanze natalizie.

«Le moi» è uno dei suoi primi seminari, quelli su cui vuole fondare la sua teoria. Lacan parte dal punto in cui Freud è arrivato, dal suo approdo, cioè dalla formulazione della seconda topica. Il punto d’approdo di Freud diventa il punto di partenza e la base dell’insegnamento di Lacan. La seconda topica freudiana costituisce una svolta che rifonda la teoria e muta la concezione dell’economia dell’apparato psichico. Le premesse di questa teoria erano già presenti nei primissimi scritti di Freud ma egli riesce a formulare questa nuova economia che contraddice la centralità del principio di piacere solo negli anni venti e a causa di un malfunzionamento della tecnica, a causa dei suoi fallimenti. Freud è costretto a prendere atto che le “spiegazioni” che dava ai suoi pazienti non servivano più a produrre effetti terapeutici, non avevano più un effetto-sorpresa, erano interpretazioni depotenziate o addirittura inefficaci, non superavano la barriera della resistenza dell’Io.

A causa degli scacchi della clinica, e non per una pura speculazione teorica, Freud rivede quindi la sua teoria dell’apparato psichico e la sua economia.

Marc Darmon, nel suo commento della prima lezione di questo seminario [2], nota che le interpretazioni di Freud erano fornite ai pazienti come «a mitraglietta» e che Lacan ha l’aria di prendersi un po’ gioco della cosa. Erano, di fatto, interpretazioni che miravano a dimostrare la giustezza della dottrina e quindi, in un certo senso, a convincere il paziente; quest’ultimo, dal canto suo, aveva ormai organizzato le sue difese e imparato a non farsi sorprendere dalle «rivelazioni» dell’analista; mostrava anzi un attaccamento singolare e bizzarro ai sintomi e alla sofferenza psichica. Ripeteva, senza avanzare. La coazione a ripetere (o compulsione di ripetizione, come la chiama Lacan) è, per questo, al centro degli interessi di Freud e della lettura di Lacan.

Quale economia ci governa, allora? Non un’economia retta dal principio di piacere, come Freud credeva nella formulazione della prima topica, ma un’economia su cui pesa fortemente la tendenza al Jenseits, all’aldilà del principio di piacere. Freud non ne parla come di una contrapposizione -tra un principio di piacere e il suo opposto- ma come di qualcosa che scavalca il primo e si proietta altrove. Per dirlo con una metafora calcistica: il principio di piacere viene dribblato quando cerca di fare da barriera. Lacan chiama questa “tendenza”: istinto di morte, una definizione che trova in Freud e che lui adotta: Non c’è testo che metta in questione a più alto livello il senso stesso della vita [3]

Note:
[1] Relazione pronunciata in occasione della Giornata dell’ALI in Italia dedicata al seminario II di J.Lacan (L’io nella teoria di Freud e nella tecnica della psicoanalisi) che si svolta nella sede dell’ ALDN di Napoli il 20 Maggio 2017.
[2] Il testo é pubblicato sul sito dell’ALI
[3] Lacan, J. Il seminario, libro II . L’io nella teoria di Freud e nella tecnica della psicoanalisi. Biblioteca Einaudi Torinio 2006 p.30

 

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​Ricordiamo brevemente l’episodio di san Martino: un giorno, quando Martino è ancora un soldato romano, incontra un povero. Senza pensarci, taglia con la spada il proprio mantello e lo offre al mendicante; immediatamente il sole si alza in cielo e la temperatura si scalda. La notte successiva, Martino ha una visione: Gesù gli fa visita e gli riporta il pezzo mancante del suo mantello. Al risveglio, il mantello è nuovamente intatto; a seguito di questo episodio, Martino decide di farsi battezzare, di lasciare l’esercito e di prendere i voti (e diventerà vescovo nell’anno 372 a Tours).

Questo episodio ci fa riflettere su due aspetti: il primo, più vicino al piano etico, evidenzia una divisione tra il nostro (presunto) bene e il bene dell’altro a cui non è allineato. Lacan pone la questione di come queste due posizioni potrebbero non incontrarsi mai; ci suggerisce, inoltre, che il povero potesse forse mendicare qualcos’altro: forse voleva che san Martino lo uccidesse o anche che lo fottesse, e quindi non volesse necessariamente essere aiutato come san Martino ipotizzava. Ecco qui un primo spunto di riflessione e di lavoro, la possibilità di un non incontro tra il bene presunto (in questo caso di san Martino) e quello di un altro (il mendicante).